Non è un segreto che la saga di Harry Potter sia tra i miei libri preferiti in assoluto. Questo significa che tutto ciò che mi sembra anche solo lontanamente magico ha su di me una presa incredibile. Una di queste magie è senza dubbio il neuromarketing.
Il neuromarketing è una disciplina che unisce neuroscienze e marketing per comprendere come il cervello dei consumatori possa reagire alle pubblicità e come queste influenzino le decisioni di acquisto. Se qualche neuroscienziato sentisse che paragono la sua attività in collaborazione con i marketing experts a Harry Potter probabilmente mi bannerebbe per sempre dall’internet, quindi cercherò di spiegarmi meglio.
È chiaro che il neuromarketing non abbia nulla a che fare con la magia!
È infatti una disciplina che utilizza tecniche avanzate per studiare le risposte cerebrali e fisiologiche dei consumatori (se la tecnologia è la vostra passione vi consiglio anche questa lettura).
L’obiettivo principale del neuromarketing è scoprire cosa attira realmente l’attenzione dei consumatori, quali elementi visivi o messaggi promozionali suscitano emozioni positive e come questi fattori possano indirizzare il comportamento d’acquisto. Ad esempio, può rivelare che certi colori, suoni o immagini attivano parti specifiche del cervello legate al piacere o alla memoria, rendendo un annuncio più efficace (vi ricordate quando qui vi ho parlato dei colori?).
Il neuromarketing aiuta quindi le aziende a creare campagne pubblicitarie più mirate ed efficaci, migliorando il design dei prodotti e ottimizzando l’esperienza del cliente.
Esempi di tecniche utilizzate dal neuromarketing
Tra le numerosissime tecniche (ultramoderne) utilizzate dal neuromarketing per migliorare le strategie di comunicazione di un’azienda, le più utilizzate sono:
- Eye tracking. Le aziende usano il monitoraggio degli occhi per capire quali parti di una pubblicità cattura maggiormente l’attenzione dei consumatori. Ad esempio, in uno studio su una pubblicità di cibo per bambini, si è scoperto che le immagini di volti infantili attiravano più attenzione rispetto ad altre immagini, influenzando così il design della pubblicità (qui puoi trovare l’articolo completo). Questa magia ehm tecnologia del neuromarketing viene utilizzata anche nella creazione dei siti web in modo da renderli efficaci ed engaging.
- Risonanza magnetica funzionale (fMRI): questa tecnica di neuromarketing è utilizzata per misurare e mappare l’attività cerebrale e funziona rilevando i cambiamenti nel flusso sanguigno nel cervello, che si correlano con l’attività neuronale. Quando una parte del cervello è più attiva, consuma più ossigeno e per soddisfare questa richiesta aumentata, il flusso sanguigno verso quell’area aumenta. La fMRI sfrutta queste variazioni nel contenuto di ossigeno del sangue per creare immagini dettagliate delle regioni cerebrali attive durante specifiche attività mentali o fisiche.
- L’elettroencefalogramma. Questa tecnica, che misura l’attività elettrica del cervello attraverso elettrodi posizionati sul cuoio capelluto, viene utilizzata nel marketing per analizzare le risposte dei consumatori a vari stimoli pubblicitari, permettendo di comprendere meglio come questi reagiscano emotivamente e cognitivamente agli annunci, ai prodotti e alle esperienze di marca.
Tra le varie aziende che hanno fatto del neuromarketing la propria fortuna ci sono senza dubbio Starbucks che ha pensato tutto il concept per influenzare la decisione di “prendere un caffè” e Ford che ha scoperto che quando le persone guardavano auto sportive attivavano aree del piacere legate al piacere fisico.
Quindi il neuromarketing è tutto marketing, cervello e fiori?
Non proprio, ci sono numerose preoccupazioni a livello etico, tra cui:
- La privacy. Una delle principali preoccupazioni riguarda la privacy dei consumatori. La raccolta di dati cerebrali e biometrici per il marketing può essere vista come invasiva, soprattutto se queste informazioni vengono utilizzate senza un consenso informato o adeguato (come teorizzato dall’ American Marketing Association).
- Gli utenti vulnerabili. L’uso di tecnologie avanzate per capire le vulnerabilità cognitive dei consumatori potrebbe portare a manipolazioni subdole nelle pubblicità, sfruttando i punti deboli senza che il consumatore ne sia consapevole.
- La creazione di disuguaglianze di mercato. Le aziende che possono permettersi costosi studi di neuromarketing potrebbero ottenere un vantaggio sleale rispetto a quelle con un budget più ridotto. Questo potrebbe rafforzare il potere delle grandi corporation a scapito delle piccole imprese e dei consumatori stessi.
- L’influenza indebita (l’uso di tecniche o strategie per manipolare le decisioni di una persona in modo che agisca contro il proprio interesse o senza piena consapevolezza). Se il neuromarketing venisse utilizzato per creare pubblicità estremamente persuasive, potrebbe portare i consumatori a fare acquisti di cui potrebbero pentirsi, minando la loro autonomia decisionale.
Ora la decisione spetta a voi: Hogwarts o Neuromarketing?