“Soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere quelli della generazione futura” è l’indicazione delle Nazioni Unite per uno sviluppo sostenibile, a partire dalla definizione contenuta nel Rapporto Burndtland nel 1987 (qui trovate maggiori informazioni).

Ma cosa c’entra la sostenibilità con il mondo del marketing?

La sostenibilità è ormai un valore chiave per qualsiasi strategia marketing, non solo come elemento della brand identity (di cui vi abbiamo parlato qui), ma anche come linea guida importantissima per il packaging (vi ricordate questo articolo?), per la selezione dei materiali, per la collaborazione con gli influencer e per la gestione del social media marketing. Questa maggiore attenzione verso il pianeta è la conseguenza di numerose attività volte proprio ad aumentare la consapevolezza sulla fragilità della nostra Terra. Queste sensibilizzazioni hanno portato un cambio di rotta anche nei consumatori: più del 70% delle persone preferisce un prodotto ecosostenibile pagando anche di più (qui potete trovare altri numeri interessanti).

Se questo articolo vi aiutava a connettere i puntini che separano il marketing dalla sostenibilità, oggi vorrei invece concentrarmi sul clamoroso fenomeno che è avvenuto in risposta ai numerosi tentativi di green marketing: il greenwashing.

Cos’è il greenwashing?

Il termine greenwashing è un neologismo inglese che viene solitamente tradotto come “ecologismo di facciata” ed è un gioco di parole che unisce green (verde) con whitewash (insabbiare, nascondere qualcosa). Il greenwashing indica quindi tutte quelle strategie marketing utilizzate dalle aziende per autoproclamarsi attente e sensibili ai temi ambientali, un tentativo di nascondere lo scheletro dentro l’armadio (o in questo caso dovremmo dire dentro il cespuglio?).

Come difendersi e combattere il greenwashing da consumetori?

Il modo migliore per combattere il greenwashing è senza dubbio quello di documentarsi, accertandosi per esempio che i marchi dai quali compriamo siano dotati di certificazioni ambientali che attestino l’impegno per il rispetto della nostra Terra.

Fortunatamente, ad oggi esistono numerosi studi che aiutano i consumatori a comprendere come smascherare tutte le strategie marketing legate al greenwashing. In primis, Terrachoice (ora parte di UL solutions, una società di consulenza che supporta le aziende in temi complessi e moderni quali la safety, la security e la sostenibilità) aveva sviluppato già nel 2007 uno studio sulle dichiarazioni ambientali fatte sui prodotti trasportati sugli scaffali dei grandi magazzini. Sulla base dei risultati dello studio originale e degli studi successivi, i Seven Sins of Greenwashing – i sette peccati del greenwashing sono stati sviluppati per aiutare i consumatori a identificare i prodotti che facevano (e che rilasciano tutt’ora!) affermazioni ambientali fuorvianti (qui potete trovare l’elenco-guida).

Come combattere il greenwashing nelle strategie marketing?

Posso iniziare con un consiglio molto semplice: combattiamo il greenwashing non facendo greenwashing. Geniale, no? Fare marketing anzi, mi correggo, fare un buon marketing – etico ed efficace – richiede pazienza, sincerità e creatività. Mentire, raggiungere il successo in poco tempo e cercare scorciatoie sono tutte ottime strategie per accendere fuochi di paglia: casi di successo che si bruciano più velocemente di una boy band. Affidarsi a persone serie, qualificate e che siano sulla vostra stessa lunghezza d’onda è il primo passo per attivare una strategia marketing sostenibile, che metta in luce i vostri punti chiave (compresi quelli sostenibili) senza dipingervi per quelli che non siete!